Preferisci avere ragione o essere felice?

Vi proponiamo la stessa domanda che ha dato il nome ad un libro in cui Marshall Rosenberg, ideatore della comunicazione non violenta© ed ispiratore della comunicazione empatica, viene intervistato sul tema e ci fa degli esempi raccontando storie personali. Anche noi desideriamo raccontare una storia.
Siamo nello studio, immaginando il nostro contributo per questo numero della rivista e, nel mentre, arriva un nostro amico. Ci fermiamo un po’ a parlare. Il nostro amico, che chiameremo F. per tutelare la sua privacy, ci racconta che è proprio stufo di parlare con persone che non capiscono e che, a volte, deve combattere con il suo istinto di “balzare alla gola”, altrimenti detto “usare le mani”, per far valere le sue ragioni. Ci racconta che in quei momenti sente il corpo teso e carico di adrenalina, sul punto di scoppiare, ed anche se riesce a controllare tutta questa emotività, alcune volte compare un eczema nervoso sulla sua pelle. A quel punto non ha più voglia di uscire, il desiderio di comunicare svanisce. Infine ci dice: “certo, potrei stare bene se gli altri non fossero così!” Ora, sono molte le situazioni in cui desideriamo avere ragione, in cui cerchiamo fuori di noi un mondo che sia a nostra immagine e somiglianza, che ci corrisponda, in qualche modo un mondo ideale. E se questo atteggiamento è il frutto della ricerca di un ideale, cosa è reale dunque?
Nella realtà di tutti giorni noi riceviamo degli “stimoli” che sono quei momenti in cui, interagendo con gli altri (figlio/a, marito/moglie, fidanzato/ a, il capo al lavoro), ci accorgiamo che qualcosa che ha detto o fatto la persona davanti a noi “non ci va giù”, ci fa reagire portando le nostre ragioni, appunto. E in che modo reagiamo? Fisicamente attaccando, fuggendo o congelandoci.
Verbalmente reagiamo incolpando l’altro oppure noi stessi. Un esempio ci chiarirà meglio le due modalità con cui cerchiamo di rispondere ad un inaspettato carico emotivo. Immaginiamo che una persona ci dica: “Questo lavoro è fatto da cani!” Incolpando l’altro rispondo più o meno così: “Perché non hai visto i tuoi. Ma fattelo da solo!”. Incolpando me stesso, direi: “Scusami, hai ragione, sono sempre lo stesso. Non ne riesco a fare una giusta!”. Se impariamo ad osservarci, possiamo vedere come queste due reazioni portano con sé uno stato fisico di tensione corporea, e il nostro amico F. lo esprime chiaramente. Possiamo osservare come la ricerca della ragione ci porta a vivere le nostre relazioni in maniera conflittuale, a cercare di con-vincere l’altro; se è giusto ciò che dico io, allora quello che stai dicendo tu, è sbagliato. Uno dei due vince e l’altro, perde. Uno esclude l’altro. Una sorta di lotta eterna fra il bene e il male. Vogliamo dunque cercare di controllare tutto questo? Impossibile. Come possiamo allora essere felici? Immaginiamo di poter rispondere sinceramente così: “Vedo che non sei contento del lavoro che ho fatto e me ne dispiace. Ho avuto bisogno di dedicare tempo e cura alla mia famiglia. Comprendo che per te è importante poterti affidare ai tuoi collaboratori; come possiamo fare?”.
Per dare una risposta di questo tipo, è necessario fare pratica nella conoscenza di noi stessi e dell’altro. Come? Una ricetta che possa cambiarci in maniera rapida non esiste. La comunicazione empatica ci aiuta ad osservarci, a comprendere quali sentimenti ci animano, quali sono i nostri bisogni che, a volte, rimangono insoddisfatti e quali richieste possiamo fare per arricchire la nostra vita e quella delle persone che abbiamo attorno. Ci aiuta a conoscere meglio noi stessi e a volerci bene, punto di partenza per avere relazioni appaganti con l’altro, con la comunità a cui apparteniamo, con la Vita.

Giacomina e Valeria
comunicazionempatica.lab@gmail.com

Ci siamo incontrate e conosciute durante la progettazione e la realizzazione della Scuola Farfalla, scuola familiare a Canino. Frutto della nostra formazione e ricerca nella Comunicazione Empatica, portiamo da alcuni anni i laboratori e le giornate “Noi siamo il mondo” nelle biblioteche, nei gruppi e nelle scuole. Facciamo parte del Libero Movimento della Comunicazione Empatica e del gruppo di autoformazione “Artigiani di pace”; con il Libero Movimento abbiamo partecipato alla progettazione ed attuazione delle tre edizioni del Festival della Comunicazione Empatica.

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Per prendere confidenza con la pratica dell’osservazione,
vi proponiamo una “pillola” da somministrarvi a letto prima di dormire:

REVISIONE ALLA FINE DELLA GIORNATA

  • Che cosa mi ricordo di questo giorno? Scene, eventi, conversazioni.
  • Quali parole risuonano ancora nelle mie orecchie?
  • Cosa ho fatto? ripercorro la mia giornata.
  • Quale immagine esprime per me il tono emotivo della giornata?
  • Qual è stato il punto più alto della giornata?
  • Qual è stato il punto più basso?
  • Cosa ho imparato oggi?
  • C’è un’intuizione fondamentale della giornata? Se sì, qual è?
  • Che lavoro incompiuto ho bisogno di riprendere domani?